ha portato la dignità e il valore del lavoro dentro il carcere. E lo ha fatto in maniera ironica e creativa, contribuendo a diffondere un messaggio positivo. I prodotti sono ricavati da tessuti di scarto e contribuiscono a diffondere l’idea di una seconda possibilità di vita: per i tessuti come per le detenute.
E se hai ricevuto molto - dalla scuola, dall’università, dalla tua azienda - restituisci molto. Potremmo tradurre il concetto anche con gratitudine, se la parola fosse meno poetica e più pragmatica e ci aiutasse a dire: sono grato per quanto ho ricevuto e dunque mi adopero per restituire alla mia comunità un pizzico della mia fortuna. Il concetto di “restituzione” non esiste nella sfera pubblica italiana e talvolta è debole anche in quella privata. Spesso si preferisce l’appropriazione, il mantenimento delle posizioni, le rendite, l’occupazione a oltranza delle poltrone. Soprattutto chi ha ruoli di potere e posizioni economiche solide le mantiene per sé o al massimo le condivide con parenti e amici intimi. La restituzione, invece, presuppone l’impegno verso l’anonimo, lo sconosciuto, la comunità in senso lato. Può avvenire nella forma del mecenatismo, della donazione, della dedizione gratuita a qualche attività sociale o culturale, dell’impegno per le nuove generazioni.
Top-manager di successo, ideatrice della prima banca multicanale virtuale, Luciana è tornata a Lecce con una forte idea di restituzione, per iniziare una seconda vita accanto alle detenute della casa circondariale Borgo S. Nicola: «Quando si raggiungono successi, la vita in un certo senso ti impone di restituire tutto, anche se lo hai ottenuto con fatica e sacrificio. E poi, bisogna ammetterlo, la vera ricchezza è quella interiore, sembra banale ma non lo è affatto».
Il marchio Made in Carcere nasce nel 2007, grazie a Luciana Delle Donne, fondatrice di Officina Creativa, una cooperativa sociale non a scopo di lucro, che produce manufatti “diversa(mente) utili”: borse, accessori, originali e tutti colorati. Sono prodotti “utili e futili”, confezionati da donne al margine della società: 20 detenute, alle quali viene offerto un percorso formativo, con lo scopo di un definitivo reinserimento nella società lavorativa e civile.
“Sono stata educata ad amare le persone, e ho avuto un’infanzia frastornata dalla perdita di mio padre, morto in un incidente stradale; quel dolore ha permesso a me e ai miei fratelli di acquisire nuove consapevolezze. In più, da manager, vedevo già l’incombere di una crisi di valori che mi ha spronato a rivolgere capacità e competenze al servizio di un mondo ai margini. Risvegliare l’anima spenta di queste persone mi ha fatto davvero bene”, ricorda Luciana.
Oggi Made in Carcere è un consolidato brand sartoriale. Tutti i suoi gadget hanno cuciture semplici e dritte, così da non richiedere una formazione sartoriale di alto livello. Con la seta e i filati pregiati si realizzano borsette eleganti, con le spugne e le coppe di reggiseno creiamo presine da cucina, con il cotone facciamo le buste per i convegni, le shopper e i braccialetti.