
ha saputo salvare la tessitura a mano della Locride reinventando una tradizione secolare. Con un marchio di moda innovativo si è affermato come primo marchio etico attento ai materiali, alla manodopera, alla comunicazione dei propri valori
E lo si può fare nella Locride, in un contesto difficile, schiacciato dalla presenza mafiosa che controlla il territorio e soffoca l’economia?
Cangiari, brand di moda nato da Made in GOEL Società Cooperativa Sociale, nel 2009 ci ha provato, dando vita al primo marchio di vestiti di alta fascia etici del nostro Paese. Il marchio propone un prodotto moda curato nello stile, interamente realizzato in Italia con materiali pregiati e lavorazioni artigianali di alta qualità, differenziandosi dai competitors per i contenuti di impegno civile ed i messaggi importanti che il marchio trasmette ai suoi consumatori. L'unicità dei capi è caratterizzata dalle applicazioni di artigianalità tessile d’eccellenza: ricami a mano e tessuti al telaio artigianale, realizzati secondo le antichissime tradizioni calabresi, rivisitati e attualizzati.
“Un’arte complessa e sofisticata: nei telai vi sono fino a 1.800 fili di ordito che bisogna far passare nei licci in un preciso ordine matematico per produrre un determinato tipo disegno di tessuto. Cresciute in altri tempi, spesso le majistre non avevano potuto imparare a leggere e a scrivere, e per ricordare queste complesse programmazioni matematiche - moltiplicate per ciascuna delle textures che ritenevano nei propri "archivi" professionali - avevano escogitato dei trucchi mnemonici per ricordarle: delle nenie, delle cantilene, nei cui versi era sapientemente nascosto l'ordine matematico di passaggio dei 1.800 fili nei licci del telaio. Queste nenie erano rimaste nascoste per secoli, le majistre le hanno tramandate da madre in figlia, custodendole gelosamente”, ricordano i fondatori di Cangiari.
Goel ha supportato un gruppo di giovani donne disposte ad apprendere l’arte della filatura e a ereditare competenze, capacità e saperi dalle anziane filatrici. Ma l’intento di Goel non era filologico e conservativo, la sfida era molto più grande: riuscire a riattivare un circolo virtuoso tra sapere e impresa, tra economia e crescita della comunità, tra legalità e sviluppo.