Slow Food


è civile perché

ha colto per tempo la necessità di ridare il giusto valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali, generando una rete internazionale di produttori consapevoli e attenti al valore della terra

«Ho bisogno di conoscere la storia di un alimento. Devo sapere da dove viene. Devo immaginarmi le mani che hanno coltivato, lavorato e cotto ciò che mangio»

Il progetto 10.000 orti in Africa, promosso dalla Fondazione Slow Food di Carlo Petrini si basa sulla realizzazione di piccoli orti a dimensione famigliare o di villaggio come luoghi di promozione umana e culturale.


Il progetto si prefigge lo scopo di realizzare “orti buoni, puliti e giusti”, secondo lo slogan di Slow Food, nelle scuole e nei villaggi africani che significa garantire alle comunità cibo fresco e sano, ma anche formare una rete di leader consapevoli del valore della propria terra.
Come si legge nel decalogo del progetto, gli orti sono realizzati da una comunità, valorizzano le capacità di ogni membro della comunità, unendo diverse generazioni e gruppi sociali (associazioni di villaggio e scolastiche, amministrazioni locali ed enti no profit), recuperando il sapere degli anziani, mettendo a frutto l'energia e la creatività dei più giovani, avvalendosi delle competenze dei tecnici.
Gli orti Slow Food ospitano la biodiversità locale, che si è adattata al clima e al terreno grazie alla selezione dell'uomo. Varietà nutritive e resistenti, che non richiedono fertilizzanti chimici e pesticidi. E poi piante medicinali, erbe aromatiche, tanti alberi da frutto (banani, manghi, agrumi).
I semi sono selezionati e moltiplicati dalle comunità. Così, di anno in anno, le piante saranno più forti e adatte al proprio terreno e non si dovrà spendere denaro per acquistarli altrove. Sono coltivati con metodi sostenibili.
«Un orto è una goccia nel mare rispetto ai problemi con cui si confronta l’Africa ogni giorno. Ma se di questi orti ce ne sono cento, mille, diecimila, e tutti insieme dialogano e si sostengono, il loro impatto cresce» (http://www.fondazioneslowfood.it).

l progetto di Carlo Petrini nasce dalla consapevolezza del paradosso dell’economia contemporanea.


Da una parte, i paesi ricchi e industrializzati consumano suolo e risorse agricole in nome di uno sviluppo edilizio privo del senso della misura, dissipativo delle risorse naturali. In Italia, ad esempio, la superficie agricola utilizzata per abitante è passata da 0,27 a 0,21 ettari per abitante (- 21%) negli ultimi venti anni. In questo momento le terre non sono protette dalla legge italiana (e pure debolmente da quella dell’Unione Europea); la diminuzione di terreni liberi e il loro utilizzo per finalità differenti dalla produzione di cibo stanno di fatto riducendo la produttività locale/nazionale rendendoci via via più irresponsabili e dipendenti dalle politiche agricole estere.
Dall’altra, questi stessi paesi riscoprono il valore della terra e dei suoli agricoli e per produrre cibo e biocarburanti vanno a “conquistare terreni” nei paesi più poveri. Accaparramento delle terre nei paesi in via di sviluppoe dissipazione dei suoli nei paesi sviluppati è il grande non senso del nostro tempo. Gli esiti sono un circolo vizioso che innesca conflitti, nuove povertà, crisi dei sistemi agricoli, effetti sull’ambiente e sulle colture locali.
Degrado ambientale, povertà e conflitti sono sempre più legati. Cresce l’esposizione ai rischi ambientali di tutte le comunità, pensiamo al rischio epidemiologico e all’esposizione a sostanze inquinanti come un tema che è entrato nella cronaca in maniera sempre più forte. Smaltimento dei rifiuti, controllo e governo del territorio, pianificazione, infiltrazione nel territorio di associazioni criminali, corruzione e disattenzione alle ricadute ambientali, crescita delle malattie da contaminazione, sono fenomeni correlati che stanno ridisegnando una nuova geografia delle povertà, non sempre legate al censo, ma più trasversale.
Crescono le interdipendenze tra i problemi a livello globale tra i Paesi legate alla scarsità di alcuni beni comuni (come l’acqua) e delle risorse energetiche. Per esempio, problemi di deforestazione, di carenza idrica e degrado del suolo nel Terzo Mondo favoriscono l’insorgere di guerre e obbligano i cittadini di quei paesi a emigrare.

www.slowfood.it

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